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Misoginia, xenofobia e omofobia: ecco l’Ukip di Nigel Farage

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Prima Rodotà, poi Berlinguer, ora Nigel Farage. Il passo è breve, almeno per Beppe Grillo che, nella giornata di ieri, ha incontrato il leader dell’Ukip, celebre per le sue battaglie contro l’euro e l’Unione Europea. Un incontro che, come racconta l’ufficio stampa del Partito per l’Indipendenza del Regno Unito, si è chiuso con i complimenti e «l’ammirazione reciproca per il lavoro e lo stile delle campagne elettorali». Curiosamente, questa volta i «cittadini» non sono stati consultati: nessuno ha dato il mandato al «megafono» dei 5 Stelle di consultare il leader indipendentista, le cui posizioni sono particolarmente vicine a quelle dell’estrema destra.

farage

Ma cosa si nasconde dietro la retorica no-euro di Farage? Quali sono i temi su cui l’Ukip si contraddistingue nelle campagne elettorali? E possono essere conciliati in qualche modo con Rodotà e Berlinguer? Sicuramente no: il primo, ad esempio, è sempre stato attento tanto ai diritti dei migranti quanto a quelli della comunità gay, lesbica e trans; il secondo, comunista, malgrado le ostilità di alcuni settori del PCI, si dimostrò particolarmente vicino e sensibile alle battaglie femministe. Posizioni che rappresentano l’opposto rispetto a quelle degli indipendentisti, fortemente liberisti in campo economico, nuclearisti convinti (per Farage, i cambiamenti climatici sono un’invenzione) e sostenitori delle privatizzazioni (anche di quei “beni comuni” tanto cari ai 5 Stelle).

Volantino dell'Ukip

Volantino dell'Ukip

Per quanto riguarda l’accusa di xenofobia, basterebbe leggersi il manifesto dell’Ukip del 2013 per farsi un’idea – seppur minima – delle loro idee: «I nostri valori tradizionali sono stati seppelliti. Ai bambini viene insegnato a vergognarsi del nostro passato. Il multiculturalismo ha diviso la nostra società. Il politically correct sta soffocando la libertà di parola». Concetto che viene ulteriormente rafforzato dall’Ukip Pocket Policy: «Fermeremo il supporto al multiculturalismo e sosterremo una comune cultura britannica». Come se non bastasse, è il manifesto del 2014 a ribadire tutto ciò: le prime due pagine, la prima immagine e lo slogan d’apertura sono incentrati sui fenomeni migratori: «Le porte aperte all’immigrazione stanno paralizzando i servizi locali britannici». E ancora: «Servizi pubblici sotto minaccia», «immigrazione fuori controllo», «una porta aperta al crimine», «spazi verdi sotto attacco». Non è finita qui. Il programma del 2012 prevedeva l’abrogazione dello Human Rights Act (la Convenzione Europea per i diritti umani) «per porre fine alla spavalderia dei criminali pregiudicati e degli immigranti illegali». Due settimane fa, Farage è stato accusato di razzismo per aver affermato che lui non vorrebbe un vicino di casa rumeno.

Una retorica anti-immigrati che ha colpito non solo contro i cittadini extracomunitari, ma anche contro quelli appartenenti all’UE: «La campagna elettoralelega_nord_indianidell’Ukip va chiamata con il suo nome: razzista», ha dichiarato la labourista Barbara Roche: «Usa le stesse pratiche e le stesse retoriche dei partiti apertamente razzisti ma invece che indirizzarle contro immigrati dall’Asia o dall’Africa, le indirizza verso gli europei». Accuse provenienti anche dall’insospettabile Alan Sked, che dell’Ukip è il fondatore: «Lascio il partito. Sotto la guida di Farage è diventato troppo razzista».

Ma sono anche altri i temi che dovrebbero imbarazzare i pentastellati nel rapporto con gli indipendentisti: i diritti e la dignità delle donne e di omosessuali, lesbiche e transessuali. Tanto sulle prime quanto sui secondi vi è un vasto archivio di dichiarazioni da parte dei dirigenti dell’Ukip, Farage compreso, che spesso sfociano in vere e proprie forme di sessismo e omofobia.

A proposito della parità di stipendi tra uomo e donna, il leader indipendentista è stato chiaro: «Le madri lavoratrici che prendono il permesso di maternità valgono meno degli uomini». E se vogliono avere successo ed essere brave quanto questi ultimi, devono «essere pronte a sacrificare la famiglia».  Una semplice caduta di stile? Macché. A ribadire il concetto ci ha pensato Godfrey Bloom, europarlamentare dell’Ukip, che in un suo intervento ha affermato che «nessun datore di lavoro con il cervello al posto giusto dovrebbe assumere una donna giovane, single e libera». Farage ne ha preso le distanze? No: «È dimostrato che il suo commento è giusto». Successivamente, Bloom ha lasciato il partito – colpevole di non averlo difeso - dopo aver aggredito in strada un giornalista e averne minacciato un secondo e dopo aver dichiarato, in una conferenza dell’Ukip, che «questo posto è pieno di puttane» che «si dimenticano di pulire dietro il frigorifero». Anche in questo caso, le accuse di misoginia nei confronti di Farage non provengono solamente dai suoi avversari, ma anche da membri interni. È il caso di Marta Andreasen – unica europarlamentare dell’Ukip nella scorsa legislatura - che ha lasciato il partito muovendo pesanti critiche nei confronti del leader: «È uno stalinista. La sua visione prevede le donne in cucina o in camera da letto».

Julia Gaspar

Julia Gasper

Toni che si alzano ulteriormente quando ad essere affrontato è il tema omosessualità. Per David Silvester, consigliere dell’Ukip, l’approvazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso sarà causa di alluvioni e inondazioni. Almeno in questo caso, il partito ha deciso di prenderne le distanze. Ancor più pesanti sono state le dichiarazioni di Julia Gasper: «Tra omosessualità e pedofilia ci sono tali legami che non basta un’enciclopedia» e «alcuni gay preferiscono il sesso con gli animali». Douglas Denny, candidato indipendentista, ha bollato gli omosessuali come «anormali» e «sodomiti». Un altro ancora (Paul Forrest) ha affermato che i gay abusano dei bambini dieci volte in più delle «persone normali».

Nella giornata di ieri, Il Fatto Quotidiano ha riportato un’apertura dell’Ukip sui matrimoni tra persone dello stesso sesso. Così non è. Due mesi fa, infatti, proprio Farage ha smentito delle frasi di apertura a lui attribuite, ponendo due obiezioni al riconoscimento di tale diritto.

Una violenza, quella di diversi esponenti dell’Ukip, che non risparmia nemmeno i bambini disabili: «Dovrebbero essere tutti abortiti», ha vomitato il candidato Geoffrey Clark. Fortunatamente, per lui, è scattata la sospensione.

Occhio, Beppe, che il detto «dimmi con chi vai e ti dirò chi sei» è sempre valido.


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